il bell'incontro

Salvatore Borsellino in visita dagli studenti del Bernocchi

Il fratello del giudice Borsellino ha parlato poi dell’agenda rossa, quella che Paolo portava sempre con sé e in cui annotava sempre tutto

Salvatore Borsellino in visita dagli studenti del Bernocchi
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“A distanza di trent’anni non riesco a ottenere la verità e la giustizia per cui ho combattuto tutta la mia vita.” Con la speranza che qualcuno continui la sua lotta, l’ingegnere Salvatore Borsellino ha affidato agli studenti il ricordo del fratello Paolo durante l’incontro in Sala Ratti dello scorso giovedì mattina, organizzato nell’ambito delle attività di educazione alla legalità per le classi quarte dell’ISIS Bernocchi di Legnano con Carabinieri di Legnano, associazione Su la Testa, Movimento Agende Rosse, Fondazione Heal, e Motoclub SS33 Sempione.

Salvatore Borsellino in visita dagli studenti del Bernocchi

Salvatore Borsellino ha parlato a lungo del lavoro di Paolo Borsellino e di Giovanni Falcone, che definisce “il vero fratello di Paolo”: entrambi cresciuti all’Auser, quartiere povero di Palermo, hanno fatto la stessa vita, condiviso sogni e battaglie. Ha ricordato anche Rocco Chinnici, che istituì il pool antimafia di cui Borsellino e Falcone fecero parte, prima del quale non esisteva neanche il reato di associazione mafiosa. Fino alla testimonianza di Buscetta non si sapeva cosa fosse la mafia, che fosse un’organizzazione verticale con una cupola dirigenziale, non si sapeva nemmeno che si chiamasse Cosa Nostra.

L’ingegner Borsellino ha reso una coraggiosa testimonianza, senza reticenze, sulla strage di via D’Amelio, quando Cosa Nostra fece esplodere un’auto imbottita di tritolo sotto l’abitazione della madre e della sorella, uccidendo Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. “Non fu soltanto una strage di mafia. Fu una strage di Stato”, ha dichiarato. Ha ricordato che all’indomani dell’attentato, un pentito si autoaccusò, fornendo dettagli esatti sulle dinamiche dei fatti. Era stato costretto. Nel Borsellino Quater, Spatuzza rivelò che era stato Arnaldo La Barbera, capo della squadra mobile della polizia di Palermo, a mettergli in bocca la confessione. Ecco perché il Borsellino Quater ha definito il fatto un ‘depistaggio di Stato’. Spatuzza disse anche di aver rubato l’auto e di essere stato presente mentre veniva riempita di esplosivo: in quel garage non c’erano soltanto mafiosi, ma anche una persona che lui non conosceva. Forse un uomo dei servizi segreti, di quelli che definiscono deviati.

Salvatore Borsellino in visita al Bernocchi di Legnano
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Salvatore Borsellino in visita al Bernocchi di Legnano
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Salvatore Borsellino in visita al Bernocchi di Legnano
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L'agenda rossa mai ritrovata

Il fratello del giudice Borsellino ha parlato poi dell’agenda rossa, quella che Paolo portava sempre con sé e in cui annotava sempre tutto, che Salvatore ha definito “la scatola nera della strage di via D’Amelio”. Non è mai stata ritrovata. L’ingegner Borsellino ha proseguito dicendo che il capitano
dei carabinieri Arcangioli prese dall’auto in fiamme la borsa di Paolo, ritrovata mesi dopo sul divano di Arnaldo La Barbera: l’agenda non c’era. Quel capitano è stato assolto in fase di udienza preliminare. Non c’è stato mai un processo per la scomparsa di quell’agenda. Sull’assassinio di suo fratello Salvatore Borsellino non ha dubbi. “La strage di via D’Amelio è conseguenza di quella di Capaci”, in cui cinquantasette giorni prima morirono Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta. “Uccidere Giovanni senza uccidere Paolo non avrebbe avuto alcun senso, perché fino all’ultimo giorno della sua vita Paolo avrebbe lottato per arrivare agli assassini di suo fratello Giovanni.” Ma per l’ingegner Borsellino il collegamento è più ampio: la strage di Via D'Amelio non va indagata isolatamente, è collegata a tutte le altre.

In particolare, cita l’omicidio di Aldo Moro, la strage di Bologna e altri eventi drammatici che hanno caratterizzato la recente storia del nostro Paese.

La legalità e l'importanza di questa parola

Agli studenti, che hanno chiesto se secondo lui la scuola stia facendo abbastanza per educare alla legalità, Salvatore Borsellino ha risposto che spesso, purtroppo, l’educazione alla legalità è iniziativa di singoli insegnanti e presidi, ma questa azione non viene favorita dai governi. “Gli incontri con i testimoni diretti, per esempio, dovrebbero essere incentivati e invece veniamo ostacolati”. “Io non uso più la parola ‘legalità’”, ha aggiunto, “perché troppa gente ha usato questa parola per costruirsi carriere personali. È fondamentale studiare la Costituzione, interrogarsi sulle regole morali. Le leggi vanno rispettate, ma anche discusse.” Ha affermato infatti che i cittadini hanno il dovere di cercare di cambiare, democraticamente, quelle leggi che non rispettano le regole morali e la Costituzione.

Come fare a mantenere viva la memoria di uomini come Paolo Borsellino senza che diventi una celebrazione retorica? “Studiate, studiate, studiate”, è stato il consiglio ai ragazzi dell’ingegner Borsellino, che li ha invitati ad approfondire, ad avere spirito critico e a non trasformarsi in consumatori passivi dei contenuti di Internet e social. Tutti devono fare la propria parte. Se si vede un bullo, per esempio, bisogna denunciare. “Se ciascuno facesse la sua piccola parte, non ci sarebbe bisogno di eroi che sacrifichino la loro vita perché gli altri, gli indifferenti, non hanno fatto abbastanza.”

Le parole della dirigente D'Ambrosio

“Penso di esprimere quello che proviamo tutti nel ringraziarla per il tempo che ci ha dedicato, per il suo impegno e per la sua testimonianza. Grazie infinite”, ha detto la Dirigente Elena Maria D’Ambrosio nel suo intervento a conclusione dell’incontro. A Salvatore Borsellino è stata consegnata una scultura raffigurante il simbolo del Bernocchi, realizzata con la stampante 3D della scuola. “Un dono in segno di stima e riconoscenza. Quando vorrà tornare al Bernocchi, noi l’aspettiamo a braccia aperte.”

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