Al Tirinnanzi il nuovo spettacolo di Giacomo Poretti

Cosa faceva Giacomo prima di avere successo con il trio più divertente dello stivale? Ce lo racconta lui in "Chiedimi se sono di turno"

Al Tirinnanzi il nuovo spettacolo di Giacomo Poretti
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Al Tirinnanzi il nuovo spettacolo di Giacomo Poretti

Martedì 21 Maggio 2019, ore 21
Teatro Città di Legnano Talisio Tirinnanzi - Piazza IV Novembre, 4a - LEGNANO
"Chiedimi se sono di turno
di e con Giacomo Poretti
produzione Teatro de Gli Incamminati / DeSidera

Tutti ricordano "Chiedimi se sono felice", il film di Aldo, Giovanni e Giacomo, datato 2000, che riscosse un grandissimo successo al botteghino.

Non tutti, invece, sanno che Giacomo Poretti, prima di avviare la sua brillante carriera d'attore, ha lavorato 11 anni come infermiere, proprio nell'ospedale di Legnano, diventando anche caposala. Con un sapiente gioco di parole, il titolo della rappresentazione intreccia il passato e il presente del Giacomo del trio più famoso d'Italia.

"Chiedimi se sono di turno"

In "Chiedimi se sono di turno" l'attore parla dei suoi sogni d'infanzia, di progetti e speranze perennemente disattesi,del glorioso futuro che da bambino aveva per se immaginato come calciatore o astronauta. Ma, vuoi perchè da piccoli si sogna sempre troppo in grande, vuoi perchè la vita è, talvolta, bizzarra, i desideri raramente prendono forma concreta, così, il protagonista di "Chiedimi se sono di turno" finisce per indossare un camice bianco e lavorare al nosocomio cittadino. Tra aneddoti divertenti e ricordi, il comico sracconta la sua lunga esperienza in corsia.

"Io che avevo trascorso l’infanzia e l’adolescenza fantasticando di gloriosi propositi professionali: avrei voluto fare il calciatore, l’astronauta, l’ingegnere; i professori delle medie poi mi avrebbero visto bene come avvocato e invece... Le mie particolari circostanze, quelle della mia famiglia, della mia vita - anziché in un'aula di tribunale, o su un campo da calcio, o in una stanza depressurizzata di un’astronave - mi hanno portato in ospedale. Ed eccomi lì tutto vestito di bianco, con una scopa di saggina in mano, in un cesso di un ospedale, io che svenivo solo all’idea di farmi medicare una sbucciatura. Io che avevo paura quando mi facevano una puntura, ora dovevo farle a qualcuno. Io che avevo paura delle malattie, ora dovevo affrontarle con una scopa e con una siringa. Io che non volevo neanche sentirla nominare, ora, la morte, era mia compagna di turno".

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