Le riserve dell’appalto considerate come una nuova opportunità

L’aggiudicazione dell’appalto potrebbe rivelarsi l’inizio di una nuova opportunità. Nel gergo dei lavori pubblici, “mettere una riserva” significa scrivere, nero su bianco, che qualcosa non va. È un modo per dire “attenzione, questa cosa non era prevista” oppure “ci state chiedendo più di quanto ci spetta”. E si scrive lì, in cantiere, sul registro di contabilità, quando tutto è ancora in corso. È il primo passo di una trattativa, spesso lunga, a volte silenziosa, che può finire in un accordo bonario… o in un’aula di tribunale.
Per affrontare al meglio queste situazioni e tutelare i propri interessi già dalle prime fasi dell’appalto, è fondamentale poter contare su un supporto qualificato. Affidarsi a chi si occupa da anni della preparazione gare d'appalto significa avere al proprio fianco un partner capace di offrire strumenti operativi aggiornati, conoscenze normative approfondite e un’assistenza costante nella gestione di tutti gli aspetti critici, dalle offerte iniziali alla fase esecutiva.
Tra i principali riferimenti del settore c’è Telemat, realtà attiva dal 1987 e punto di riferimento per migliaia di imprese che operano negli appalti pubblici. Grazie a un monitoraggio quotidiano delle fonti ufficiali e a un’offerta di servizi sempre aggiornata, Telemat affianca le aziende con soluzioni su misura, consulenze specialistiche e percorsi formativi pensati per affrontare con consapevolezza ogni fase della gara.
Quando le riserve degli appalti emergono in corso d’opera
Situazioni come un errore nel progetto esecutivo, una perizia tardiva, il ritardo di un pagamento o una modifica in corso d’opera si verificano molto più spesso di quanto si possa immaginare.
E mentre il cantiere va avanti – perché il tempo è denaro – l’impresa annota. Brevi frasi, a volte secche, altre dettagliate come mini-relazioni tecniche: “Si riserva ogni diritto per il maggior onere sostenuto a causa della variante n. 3, non preventivamente autorizzata”. Una frase del genere può valere centinaia di migliaia di euro a condizione che denuncino in maniera tempestiva.
Ecco allora che i direttori tecnici di cantiere diventano anche scrivani prudenti. Non è solo burocrazia. È una strategia di sopravvivenza. Anche perché, nella maggior parte dei casi, la riserva non viene subito accolta. Resta lì, nel fascicolo, come una mina innescata. A volte non esploderà mai. A volte, esploderà molto dopo, alla fine dei lavori, quando si tireranno le somme. Ci sono contenziosi nati per una riserva non firmata, altre per una firma che c’era, ma mancava una data.
In un sistema che si affanna a digitalizzarsi, dove tutto dovrebbe essere trasparente e veloce, le riserve restano un rito antico. Si scrivono ancora a mano, su fogli che profumano di polvere e umidità, firmate in triplice copia.
Le riserve degli appalti come risorsa strategica per l’impresa
Ci sono riserve che salvano imprese. E ci sono imprese che, per non averle scritte, hanno perso tutto. Le riserve d’appalto sono una risorsa fondamentale che, se utilizzata correttamente, può fare la differenza tra il successo e il fallimento di un progetto. Tuttavia, spesso vengono ignorate o sottovalutate, magari per mancanza di conoscenza o per paura di un contenzioso che sembra difficile da affrontare.
In fondo, le riserve sono un'opportunità che va oltre la semplice tutela legale: sono un mezzo attraverso il quale l’impresa può rivendicare e proteggere i propri diritti, evitando rischi economici significativi. In un contesto complesso e in continua evoluzione come quello degli appalti pubblici, sapere come usarle al meglio è essenziale.
Per questo, è fondamentale che gli operatori economici, anche quelli più esperti, si facciano affiancare da professionisti del settore. Avvalersi di consulenti e avvocati specializzati in diritto degli appalti significa poter sfruttare appieno il potenziale delle riserve, evitando errori comuni e ottimizzando i risultati. La conoscenza e la corretta gestione di questo strumento possono davvero fare la differenza, trasformando un semplice atto burocratico in una risorsa preziosa per la propria attività.
Un esempio di riserva negli appalti pubblici
Nel 2019, un’impresa medio-piccola del Centro Italia si aggiudica un appalto per la messa in sicurezza di una strada provinciale franata dopo un’alluvione. Poco meno di tre milioni di euro per un’opera “semplice” sulla carta. “Una passeggiata”, dicevano alcuni. Ma le passeggiate, a volte, nascondono trappole.
Appena partiti i lavori, emergono problemi: il terreno è più instabile del previsto, il progetto sottostimava il volume degli scavi. Non bastano i primi giorni per capire che serviranno più pali, più fondazioni, più cemento. Più tempo. L’impresa avvisa subito il direttore dei lavori. Lui prende atto, ma chiede di andare avanti: “Faremo una variante, intanto lavorate”. L’impresa, fidandosi, comincia comunque. Ma scrive. Ogni settimana, sul giornale dei lavori, compaiono righe sempre più fitte: “Si riserva per eccedenza scavi non previsti”, “Si riserva per maggiore impiego mezzi speciali”, “Si riserva per oneri sicurezza aggiuntivi”. Lo fanno con precisione. Una riserva dopo l’altra, come pietre posate con metodo.
A fine cantiere, il conto finale: oltre 400.000 euro in più. L’impresa presenta il quadro economico, allega le riserve. La risposta della stazione appaltante? “Non risultano documenti sufficienti a comprovare le pretese”. Le riserve c’erano, ma secondo la Provincia non bastavano. Si apre una lunga corrispondenza. Poi, il silenzio. L’impresa, allora, si rivolge a un legale. Passano mesi. Si arriva a una procedura di accordo bonario. La transazione si chiude a 180.000 euro. Meno della metà di quanto richiesto. “È stato un compromesso per evitare anni di giudizio”, racconta l’imprenditore, che chiede di restare anonimo.