Paziente salvata grazie a un farmaco non ancora approvato in Europa
Il brillante risultato è stato ottenuto all'ospedale di Legnano dell'équipe di Antonino Mazzone, direttore del Dipartimento di Area medica dell’Asst Ovest Milanese.
Colpita da una malattia rara che aveva fatto impazzire il suo sistema immunitario, è stata salvata all’ospedale di Legnano grazie a un farmaco non ancora approvato in Europa che il team di Antonino Mazzone, direttore del Dipartimento di Area medica dell’Asst Ovest Milanese, ha ottenuto in via compassionevole dall’azienda produttrice.
Malattie rare: 42enne salvata all'ospedale di Legnano grazie a un farmaco non ancora approvato in Europa
Protagonista di questa vicenda di buona sanità è Z.M., una 42enne con diverse patologie tra cui una sindrome iperinfiammatoria rara a causa della quale i macrofagi, i globuli bianchi "spazzini" che normalmente eliminano cellule infette, uccidevano anche quelle sane. All’ospedale di Legnano la paziente ha scoperto il nome della malattia che la affliggeva - la linfoistiocitosi emofagocitica o Hlh - ed è stata curata con l’Emapalumab, che negli Stati Uniti viene impiegato come prima terapia mirata per l’Hlh pediatrica ma che in Europa non è ancora stato approvato.
"Un caso destinato a fare scuola" per il direttore del Dipartimento di Area medica dell'Asst Antonino Mazzone
"Un caso destinato a fare scuola" spiega Mazzone, in vista della Giornata delle malattie rare in calendario il 29 febbraio, il giorno più raro dell'anno.
Arrivata all'ospedale di Legnano, dopo un breve ricovero in Ematologia, Z.M. è stata trasferita nel reparto di Medicina interna, sede del Centro malattie rare dell'Asst Ovest Milanese, diretto da Paola Faggioli. Dopo gli accertamenti, la diagnosi di Hlh.
Prosegue Mazzone:
"Si tratta di una sindrome iperinfiammatoria e se si verifica in presenza di malattie autoimmuni viene utilizzato il termine Mas, sindrome da attivazione dei macrofagi".
Per questa patologia le infezioni rappresentano un fattore scatenante degli episodi acuti e infatti la 42enne soffre di malattia di Crohn, complicata da polimiosite. A dicembre la donna è stata ricoverata con gravi sintomi tra cui febbre alta, rash cutaneo, fegato e milza ingrossati. Gli esami del sangue hanno evidenziato svariate alterazioni e l'analisi del midollo osseo ha confermato una Mas, quindi una forma di Hlh secondaria che si manifesta come complicanza di malattie reumatologiche.
Sottolinea il medico:
"Una malattia grave che in una percentuale elevatissima di casi può essere ancora mortale. La diagnosi precoce e la terapia mirata e tempestiva sono essenziali per migliorare la prognosi".
La corsa contro il tempo per salvare Z.M. e l'Emapalumab fornito dal produttore per uso compassionevole
E così è scattata la corsa contro il tempo per salvare Z.M. Dice anzora Mazzone:
"Studi recenti hanno messo in evidenza il ruolo dell'interferone gamma, una proteina mediatrice dell'infiammazione, nel meccanismo che provoca sia la Mas sia la Hlh secondaria".
E alla luce dei risultati di uno studio coordinato in Europa dall'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma sull’Emapalumab, che si è dimostrato un farmaco salvavita per i bambini con Hlh primaria, sindrome genetica ultrarara che lascia poche speranze a chi non riesce ad arrivare in tempo al trapianto di cellule staminali emopoietiche, l’équipe legnanese decide di utilizzarlo.
"Il farmaco si è dimostrato efficace: la paziente ha avuto un rapido miglioramento clinico e i sintomi della Mas sono scomparsi" prosegue il primario legnanese, che sottolinea come l’Emapalumab sia stato fornito per uso compassionevole dall'azienda Sobi Swedish Orphan Biovitrum "che ringraziamo, insieme alla dottoressa Liana Bevilacqua del Trial office della nostra Asst".
Il caso del piccolo Alex e l'auspicio del medico legnanese: "La medicina metta al centro la persona-paziente"
L'impiego sperimentale di questo anticorpo monoclonale è balzato agli onori della cronaca a inizio 2019 con il caso di Alex, bimbo italiano trasferito dal Great Ormond Street di Londra al Bambino Gesù, dove è stato curato definitivamente integrando l'uso del farmaco con un trapianto di midollo osseo dal padre.
La speranza di Mazzone, che ci tiene a rivolgere un plauso anche ai "giovani medici e infermieri del reparto che hanno assistito la paziente", è che quando si parla di malati rari "vengano coinvolti tutti gli stakeholder e le associazioni pazienti, e non si lasci il loro destino al funzionario ignaro che magari compra ciò che costa meno senza sapere niente della qualità di vita della paziente e del suo outcome".
L’auspicio del professore è che
"si possa tornare a una medicina che metta al centro la persona-paziente, perché il paziente - detto con le parole di un'autorità morale dei nostri tempi che ho avuto l'onore di conoscere, il cardinal Martini - non è un cliente, l'ospedale non è un'azienda, la sanità è fuori dal mercato".