Il virologo Pregliasco interviene sul possibile ritorno in classe per le superiori
«Fatico a immaginare la riapertura delle scuole»

Il virologo rhodense Fabrizio Pregliasco interviene sul possibile ritorno in classe dei ragazzi delle superiori
Il virologo Pregliasco interviene sul possibile ritorno in classe dei ragazzi delle superiori
«Fatico ad immaginare la riapertura delle scuole il prossimo 7 gennaio. Fatico a immaginare il trasporto pubblico, a come gestire tutti i passaggi con dei protocolli. In giro con la riapertura delle scuole tornerebbero non solo 8 milioni di studenti ma almeno altri 2 milioni di lavoratori che si occupano del settore scolastico. A loro vanno aggiunti tutti i familiari che si muovono per accompagnare i più piccoli in classe. Insomma, vedo un gran casino». Questo il commento del virologo Fabrizio Pregliasco sul possibile ritorno in classe dei ragazzi delle superiori. Ritorno in classe fissato dal ministro all'istruzione Lucia Azzolina per il giorno dopo l'Epifania. Il medico rhodense ha così commentato la possibilità di tornare zona rossa nei giorni di Natale del primo dell'anno. «Il rischio reale è che in un'Italia tornata quasi tutta gialla in previsione delle feste il Coronavirus trovi un'autostrada lungo la quale riprendere la sua corsa – afferma Pregliasco. Quanto si è visto nella prima domenica di negozi aperti a Milano è stato un eccesso. Nessuno ha fatto niente di illegale, ma così, affollati non va bene». Pregliasco sottolinea poi che la maggior parte dei casi si verifica in famiglia, dove si abbassano le difese e l’attenzione nei confronti del distanziamento.
«Guardando alla casistica un pranzo domenicale in famiglia è più rischioso di una passeggiata nelle vie dello shopping – afferma Pregliasco - Per questo si erano già immaginate diverse restrizioni agli spostamenti, per sfavorire questa modalità dello stare insieme. Si era detto che potesse essere meglio tenere aperti i ristoranti perché lì c’è un protocollo e un’attenzione maggiore rispetto alle case, dove si abbassano le difese tra conviventi e parenti».